martes, 20 de diciembre de 2011

Le difficoltà di "finire" una guerra

Foto EFE

“Dopo circa nove anni, la nostra guerra in Iraq finisce questo mese” lo annunciava il presidente Barack Obama in una conferenza stampa, negli USA, accanto al primo ministro irakeno Al-Maliki lo scorso dodici dicembre “noi siamo qui per marcare il fine di questa guerra”. Vedere Trascrizione della conferenza

Tre giorni dopo, il quindici dicembre, in una cerimonia militare a Baghdad si faceva l’ammainabandiera e passava il controllo dell’ultima base militare in potere degli USA.

Ieri, 19 dicembre, gli ultimi soldati statunitensi che rimanevano lasciarono Iraq e così lasciano dietro un Paese “in preda a violenze politiche e di fronte ad un futuro incerto”.

Secondo il presidente Obama “la storia giudicherà la decisione” di invadere l’Iraq nel 2003 e lasciamo stare così, ma come lui stesso ha detto “è più difficile finire una guerra che cominciarla” ed oggi ci sono alcuni punti da risolvere:

Gli USA non hanno conquistato i cuori e le menti degli iracheni.

Ci sono profonde divisioni e c’è una guerra interconfessionale tra sunniti e sciiti.

Sono tanti iracheni senza acqua potabile ed elettricità.

E sul piano della sicurezza, ancora resta tanto da fare.

Non voglio essere negativo risaltando questi dati, ma mi auguro che le parole del presidente Obama: Baghdad continuerà ad avere negli Stati Uniti “un amico ed un partner convinto” non vadano via con i militari.

Una guerra sempre sarà la catastrofe del dialogo non riuscito tra la creatura più intelligente della natura, e le sue conseguenze disastrose.

Con la guerra tutti perdiamo

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