domingo, 22 de enero de 2012

SOPA - PIPA e Libertà di espresione


Immagine da http://en.wikipedia.org/wiki/File:ScreenWikiBlackout.png

Settimana scorsa è stata una settimana di aspettativa davanti alla possibile approvazione della così detta legge SOPA e PIPA da parte dalla Camera dai Rappresentati e dal Senato negli USA. Questa proposta di legge ha datto origine, mercoledì scorso (18 gennaio 2012) alla protesta on line più grande della storia.

Wikipedia (versione in inglese), Google, Mozila, Vimeo, Flikr e tanti altri hanno decisso di fare il black out dei loro siti. Inoltre altri come Facebook aveva annunciato di farlo il prossimo 23 gennaio.

La Stop Online Piracy Act (SOPA) nella versione della Camera e la Protect IP Act (PIPA) nella versione del Senato, è una proposta de legge che cerca di finire con la pirateria on line.

Questa proposta ha generato una protesta generale a causa della sproporzionalità delle procedure necessarie per portarla avanti e la minaccia contro la libertà di espresione e privacy su internet.

Riguardo alla sproporzionalità delle procedure: una volta che un sito web fosse accusato di violare, rendere possibile o facilitare la violazione dei diritti di autore e fose dichiaratto tale si potrebe procedere a impedire l’acceso al sito.

Nell prattica un sito come facebook o Youtube, dove gli utenti possono mettere contenuti, riscchierebbe di essere bloccato se si trova in singolo link a un contenuto messo in un altro sito che viole i diritti di autore, immaginiamo se si trova nello stesso sito!

La stessa Casa Bianca si opone alla attuale versione della legge perché consiera che può daneggiare aziende cibernetiche e negozi legitimi.

Il secondo punto di inconformità è che questa legge atenta contro la libertà di espresione e la privacy, già che anche il sofware per l’anonimato, come quello usato dagli amministratori di siti informatici, attivisti dei diritti umani e disidenti politici, sarebbe illegale.

Infine, lo scorso 20 gennaio il Congresso ha messo in archivio questa proposta per tempo indefinito, ma sembra che la guerra non abbia finito. In tanto gli organizzatori della protesta Sopastrike si dicchiarano preparati per attuare nuovamente se è necessario.

sábado, 24 de diciembre de 2011

Processi & Buona Volontà


Cuba e Messico reagiscono nell’imminente visita di Papa Benedetto:

Il presidente cubano Raúl Castro ha annunciato la liberazione di 2900 detenuti, incluse persone condannate per reati politici, come “gesto di buona volontà”.

In Messico la camera dei deputati ha approvato una modifica al articolo 24 costituzionale riguardo alla libertà religiosa.

Che c’è dietro di queste notizie? Un contrasto di motivazioni

Raúl Castro dice che uno dei motivi dell’amnistia è la visita di Papa Benedetto e che questo gesto umanitario dell’indulto mostra la forza di Cuba.

In Messico, la proposta di modifica voleva fare la Costituzione coerente alle convenzioni e trattati internazionali, soprattutto l’articolo 12 della Convenzione Americana dei Diritti Umani, ampliando la libertà religiosa e includendo la garanzia del diritto alla educazione religiosa, ma il risultato è stato che: vedere il testo delle riforme

- = Si è approvata una riforma amorfa che ha aggiunto più restrizioni.

- = Dire che uno dei motivi della modifica è stata la visita del Papa ha connotazione negativa, è capito come manipolazione della Chiesa sui deputati.

- = Si è mostrata una debolezza del legislativo nei numeri (soltanto parteciparono al dibattito 260 dei 500 deputati, gli altri lasciarono l’aula) e nella qualità (la discussione non si centrò nel contenuto, ma nei procedimenti in cui la proposta fu presentata).


Questi due casi ci mostrano che nel camino verso la libertà non bastano i procedimenti politici e legali quando non c’e dietro la buona volontà.



martes, 20 de diciembre de 2011

Le difficoltà di "finire" una guerra

Foto EFE

“Dopo circa nove anni, la nostra guerra in Iraq finisce questo mese” lo annunciava il presidente Barack Obama in una conferenza stampa, negli USA, accanto al primo ministro irakeno Al-Maliki lo scorso dodici dicembre “noi siamo qui per marcare il fine di questa guerra”. Vedere Trascrizione della conferenza

Tre giorni dopo, il quindici dicembre, in una cerimonia militare a Baghdad si faceva l’ammainabandiera e passava il controllo dell’ultima base militare in potere degli USA.

Ieri, 19 dicembre, gli ultimi soldati statunitensi che rimanevano lasciarono Iraq e così lasciano dietro un Paese “in preda a violenze politiche e di fronte ad un futuro incerto”.

Secondo il presidente Obama “la storia giudicherà la decisione” di invadere l’Iraq nel 2003 e lasciamo stare così, ma come lui stesso ha detto “è più difficile finire una guerra che cominciarla” ed oggi ci sono alcuni punti da risolvere:

Gli USA non hanno conquistato i cuori e le menti degli iracheni.

Ci sono profonde divisioni e c’è una guerra interconfessionale tra sunniti e sciiti.

Sono tanti iracheni senza acqua potabile ed elettricità.

E sul piano della sicurezza, ancora resta tanto da fare.

Non voglio essere negativo risaltando questi dati, ma mi auguro che le parole del presidente Obama: Baghdad continuerà ad avere negli Stati Uniti “un amico ed un partner convinto” non vadano via con i militari.

Una guerra sempre sarà la catastrofe del dialogo non riuscito tra la creatura più intelligente della natura, e le sue conseguenze disastrose.

Con la guerra tutti perdiamo

viernes, 9 de diciembre de 2011

unione EUROpea


Ventisei su ventisette membri disposti a firmare un accordo di stabilità e crescita, è il risultato del vertice della UE a Bruxelles lo scorso 9 dicembre. L’UE è d’accordo a muoversi verso una più forte unione economica, il che implicherà azioni in due direzioni:

- Una nuova coordinazione economica fiscale più compatta e consolidata.

- Lo sviluppo degli strumenti di stabilizzazione per affrontare le sfide nel breve termine.

Come avevamo già accennato in un post precedente, l’UE doveva prendere una decisione per ricuperare la fiducia economica, perché non basta l’unità monetaria per avere l’unità economica e meno ancora per l’unione sociale.

Mi colpisce il primo punto del nuovo accordo intergovernativo – che dovrebbe essere firmato “in marzo, se non prima” a dire del presidente UE Herman van Rompuy – che dice che:

"Accanto alla moneta unica è necessario un forte pilastro economico, che riposerà su un governo che fomenta la disciplina fiscale, una più profonda integrazione e forte crescita del mercato interno, una maggiore competitività e coesione sociale".

Penso che il punto dovrebbe cominciare con la coesione sociale, che implica forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca superando la sola giustizia commutativa del mercato per dare passo anche alla giustizia distributiva e alla giustizia sociale, altrimenti –come dice il Papa Benedetto XVI in Caritas in Veritate n. 35- “… il mercato, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per ben funzionare”.

Oggi è tanta la preoccupazione per risolvere i grandi problemi economici del mercato che si sta dimenticando che “L’attività economica non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la semplice estensione della logica mercantile. Questa va finalizzata al perseguimento del bene comune, di cui deve farsi carico anche e soprattutto la comunità politica. Per tanto, va tenuto presente che è causa di gravi scompensi separare l’agire economico, a cui spetterebbe solo produrre ricchezza, da quello politico, a cui spetterebbe di perseguire la giustizia mediante la ridistribuzione” (Caritas in Veritate 36).

Se l’obiettivo del vertice a Bruxelles era quello di ridare la credibilità al “Euro” partendo dalla strategia del mercato, speriamo che queste strategie non portino delle conseguenze sociali che facciano perdere la credibilità nella “unione”.

domingo, 4 de diciembre de 2011

Nascerà l’Associazione dei fotografi parlamentari.

Mercoledì scorso si è scatenata una discussione tra l’Ordine dei giornalisti (ODG), la Federazione nazionale della Stampa Italiana (FNSI), l’Associazione della stampa parlamentare (ASP) e la Camera a causa di una delibera “anti-zoom” dell’ufficio di presidenza della Camera che metteva come requisito ai fotografi per accedere alla tribuna stampa firmare un modulo in cui s’impegnavano a non usare strumenti di ripresa senza i quali sarebbe impossibile immortalare così da vicino – lo zoom – certi comportamenti di deputati.

L’argomento della delibera – già sospesa –: Embargo fotografico su appunti, carte, pc, display, telefonini dei deputati, per difendere la loro privacy. L’argomento della FNSI, ADG e ASP: Il diritto di cronaca e il diritto dei cittadini di essere informati.


Alla fine si è raggiunto un accordo di autoregolamentazione e dovrà nascere l’Associazione dei fotografi parlamentari che avrà il proprio codice deontologico. La Camera ha soltanto emendato la proposta di autoregolamentazione fata dai fotografi in due punti:


“non diffondere fotografie e riprese visive atte a rilevare comunicazioni telefoniche, telematiche ed epistolari di deputati e membri del governo presenti in Aula, a non diffondere fotografie e riprese visive non essenziali per l’esercizio del diritto di cronaca relativo all’attualità e allo svolgimento dei lavori in Aula, a non utilizzare tecniche di rielaborazione di riprese fotografiche e visive che comportino un danno alla dignità della Camera e dei membri del governo presenti in Aula e al diritto alla riservatezza, ad adottare provvedimenti sanzionatori nei confronti dei colleghi che non si attengano al codice di autoregolamentazione”.


Penso che il semplice fatto che una persona si trovi in un luogo pubblico non giustifica la divulgazione di fatti prettamente privati.


Forse non è essenziale per il diritto di cronaca mostrare una fotografia dello schermo di un deputato che gioca “solitario”, ma neanche giocare solitario lungo la seduta della Camera.


Non è giusto danneggiare la dignità della Camera, ma da dove viene il danno: dal “onorevole” che naviga su un sito internet poco “onorevole” in Aula o dal fotoreporter che scatta la foto?


La nascita della Associazione dei fotografi parlamentari è una buona notizia, ma la cosa è più complicata e i problemi non finiranno lì.

lunes, 28 de noviembre de 2011

Patrimonio Culturale dell’umanità


Il “Mariachi” messicano è stato iscritto nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Domenica scorsa il Comitato per la salvaguarda del patrimonio Immateriale della UNESCO riunito a Bali, Indonesia, lo ha confermato.


Cosa significa essere iscritto come patrimonio culturale dell’umanità?


Possono essere - oltre ai monumenti e oggetti- tradizioni orali, arti dello spettacolo, usi sociali, riti, azioni festive, conoscenze e pratiche relativi alla natura e l’universo o saperi e tecniche relative alle arte tradizionali.


Per essere iscritto deve essere qualcosa di tradizionale, contemporaneo e vivo allo stesso tempo, che contribuisca alla integrazione sociale fomentando l’identità, che sia rappresentativo, e che sia fondato, riconosciuto e promosso dalla propria comunità.


Non si può dialogare con se stesso, sarebbe monologo, e davanti alla crescente globalizzazione risulta necessario promuovere il dialogo tra le diverse culture con l’obiettivo di accrescere il nostro patrimonio e arricchirci a vicenda.


Speriamo che i recenti tagli ai fondi economici del UNESCO non facciano andare a meno le buone intenzioni dell’organismo.

domingo, 20 de noviembre de 2011

Economia e democrazia nell'Unione Europea


È successo quasi in simultanea: Grecia, Italia e Spagna cambiano di governo. Adesso vengono Lucas Papademus, Mario Monti e Mariano Rajoy.


Due cose hanno in comune questi cambi di governo:

-Lo Spread – la differenza percentuale tra il rendimento dei “Bund tedeschi” e i buoni, greci, italiani o spagnoli secondo sia il caso – che passa o sta per arrivare ai 500 punti. In altre parole, la minaccia della bancarotta dello Stato.

-La sfiducia nel antico governo per affrontare la situazione e andare avanti.


Il tema dello spread mette di manifesto che non basta avere una stessa moneta “Euro” per garantire l’unità economica. Davanti a questo problema ci sono due possibilità: creare un organismo per implementare e supervisore una politica fiscale comune nella Unione Europea oppure andare indietro e finire con l’Euro. Fino a quando resisteranno i membri della UE prima di scegliere cosa fare?


Riguardo alla fiducia, i tre rappresentanti dei governi uscenti l’avevano persa, due si sono dovuti dimettere e il terzo, Zapatero, ha anticipato le elezioni. Qui esce il tema della democrazia: soltanto il popolo spagnolo ha fatto elezioni popolari, Italia e Grecia sono andate per la via del “Despotismo” e hanno confidato il governo ai tecnici economisti. Saranno gli economisti a salvare il popolo dagli errori dei politici?


Questo tempo sarà di una certa tensione per tutta l’UE, perché ci sono altri membri nell’attesa di affrontare la stessa situazione.


Mi auguro che i risultati dei cambiamenti siano positivi.